UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti 50 nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, progettisti, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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domenica 24 settembre 2017

VITO TIMMEL. TUTTI GLI ULTIMI SONO UGUALI, MA QUALCUNO E’ PIU’ ULTIMO

Umile e arrogante, popolano e aristocratico, 
sensuale e ascetico…  
Claudio Magris   

la sua conversazione era brillante, arguta, 
intramezzata da un gergo colorito e sboccato 
che lo rendeva assai simpatico...
Gianni Stuparich





Figlio del nobile tedesco Raphael von Thümmel e della contessa friulana Adele Scodellari, Vito Timmel nato a Vienna nel 1886, ma trasferitosi a Trieste con la madre dopo una cospicua eredità è un artista importante e molto amato nel territorio giuliano, ignorato nel resto del Paese, capace di compiere un percorso artistico esemplare, ma anche una parabola discendente nella propria vita che lo porterà a diventare da aristocratico ad ultimo tra gli ultimi.

Superata una malattia, forse una meningite a sette anni, inizia a dipingere precocemente. E A Trieste, dove la madre ha aperto una casa di moda, frequenta la “Scuola per Capi d’Arte” che aveva l’obiettivo di formare “abili ed intelligenti operai per i diversi rami: dell’industria del legno, dell’arte della scultura ornamentale e della pittura decorativa dove studia sotto la guida del pittore Eugenio Scomparini. Poi, torna a Vienna per diplomarsi alla Kunstgewerbeschule di Vienna che indirizzò la sua attività artistica verso il simbolismo e lo stile secessionista.
Su di lui fu molto influente l'opera di Gustav Klimt, che proprio negli anni formativi di Timmel fu presente alla Biennale veneziana del 1910.
Dopo diversi viaggi di formazione a Roma e Firenze e dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale come riservista nell'esercito austroungarico, Timmel ritornò a Trieste dove rimarrà tutta la vita, applicandosi oltre che alla pittura, alla grafica, alla cartellonistica e alla attività decorativa.
Dà così vita a una pittura pastosa e ricca, che lo pone vicino a Fausto Pirandello e Levi, ma anche alla pittura più colta e contemporanea per esempio di matrice inglese e tedesca. Una visione nella quale prevale l’elemento culturale e ideologico: Timmel si proclama "il preferito della strada", il "Viandante”, che era stato uno dei motivi prediletti del Superuomo.

Dopo una intensa attività espositiva, due matrimoni e un figlio, negli anni trenta la sua salute psichica va però ad aggravarsi, come rilevabile dal suo lavoro e soprattutto dai suoi scritti. Il diario Il magico taccuino, recentemente rieditato.

Instabile, debole di nervi – come scrive Franca Marri - negli ultimi anni accentuò la visione pessimistica della vita. Fu assorto, smemorato e sregolato nelle più banali azioni quotidiane. Non di rado la sua personalità contrastò con il suo carattere difficile, bizzarro, e da uomo mite, talora diventava offensivo e ribelle, e il suo temperamento incontrollabile scatenava violenti paradossi verbali costruiti su convinzioni assolute.
Sfiancato dai disturbi neurologici e da una patologica pigrizia, dopo aver dilapidato quasi tutte le sostanze, dopo i 50 anni Timmel si ritirerà da ogni vita pubblica perdendosi tra bettole e stanze in affitto, dove comunque continua a dipingere. Ormai alcolista cronico inizia a perdere la lucidità tanto che, alla fine del 1943, iniziano i ricoveri nella “Villa Paganti” del Sanatorio neurologico e in seguito all’internamento in un reparto psichiatrico di San Giovanni. Per ancora 2 anni riuscirà a dipingere alcuni quadri.
Tra dimissioni, fughe e ulteriori ricoveri, Vito trascorrerà gli ultimi anni della sua vita in un penoso stato confusionale con la perdita di ogni memoria e dignità umana. Nei suoi disegni appariranno visioni oniriche storpiate da una sconvolgente regressione infantile.
Compromesso nel fisico anche per le “cure” ricevute, il nostro Vito von Thümmel con la sola vicinanza dell’amico pittore Cesare Sofianopulo muore a soli 63 anni la sua vita tormentata in una squallida stanzetta di San Giovanni, nel giorno di Capodanno del 1949.

Fochi - 1925



 

Tragica ed esemplare una delle sue lettere con un disegno regressivo, indirizzata nel 1945 all'amico Cesare Sofianopulo. E' la storia di un sogno, una camminata in Ospedale, nel caldo d'agosto, nella quale "...go perso una scarpa".



uno dei paesaggi giovanili di matrice post espressionista
 
“Vito Timmel, "L'Incendio del Balkan", 1941
 



Ospedale e Manicomio provinciale di San Giovanni

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