UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti 50 nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, progettisti, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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domenica 26 febbraio 2017

Gianni Novischi, il polacco che amava Roma


Il sasso scivola nell’acqua.
Il sasso diventa acqua.
L’acqua si increspa. 
Tu, dici, non è successo niente.
Sì. Cara. Nulla. 
Ma nulla sarà più come prima.

1964 - Jan Wojciech Nowicki

 

Pittore, disegnatore, grafico, incisore in argento e poeta, Gianni Novischi (Jan Wojciech Nowicki) era nato a Varsavia, ma la vita, che poi ogni tanto si chiama Guerra lo porta a compiere strade inaspettate.
Si trova nel lugo che vedrà le maggiori devastazioni della guerra, e combatte al fianco dell'esercito polacco prima nel 1939 al momento delle occupazioni, e quindi  nella Rivolta di Varsavia dove l'Esercito Nazionale Polacco fra il 1º agosto ed il 2 ottobre 1944 combatté contro le truppe tedesche di occupazione allo scopo di liberare la città di Varsavia prima dell'arrivo dell'esercito sovietico. 
Coinvolto anche in Italia, nella battaglia di Montecassino arriva in Italia. In quella strana nazione così lontana, così diversa, dove sarebbe rimasto tutta la vita.

Dopo aver soggiornato in varie parti d'Europa, si stabilisce, infatti a Roma, dove frequenta la Scuola del nudo di via Ripetta e dove nel 1947 si diploma presso l'Accademia di Belle Arti, studiando con Ferrazzi e Primo Conti. Stringe amicizia con altri artisti esuli come Albert Ceen e Karol (Carlo) Badura, artista figurativo, frequenta la casa di Roberto Melli. Deliziosi i suoi racconti a china e a guazza della città di quegli anni, che incrociano una sua naturale forza espressionistica con la dolcezza della sua terra di adozione.

Rimasto nella capitale, lavora moltissimo, ma molti dei suoi lavori verranno dispersi nel dopoguerra. Illustra libri, realizza opere in oro e argento. Conosciuto, ma mai veramente alla moda, realizza cicli di affreschi murali, ma anche le copertine per la rivista Civiltà dello Spazio (1964/1965) per poi dedicarsi al design di tessuti e stoffe.

Sarà lui alla fine degli anni ’70, che accoglie il regista Wajda alla Università La Sapienza di Roma, dando vita un reading tra gli studenti di cui la poesia di testa era l’apertura.
Nel libriccino stampato al tempo aveva scritto di sé: “Siamo sempre spettatori del nulla”. Morirà a Roma dopo aver sorriso al nuovo millennio.

 Gianni Novischi mentre realizza la decorazione presso la Scuola dei Carabinieri, anni 50'

Montecassino

 

 
 

sabato 18 febbraio 2017

ERAVAMO QUATTRO AMICHE AL BAR

Quando si parla di emancipazione della donna si hanno sempre idee diverse dalla realtà. Vedi la storia. Vi siete mai chiesti perché abbiamo tanti quadri che rappresentano donne sole al bar? Evidentemente succedeva. Era in uso. Anche se, per la verità, hanno tutte lo sguardo un po’ triste, perso nel vuoto, malinconico. Perché alla fine è sempre il cuore che ti lascia di stucco.

Van Gogh

Cafe Scene, 1946, Raphael Soy

Otto Dix

 
Pietro Marussig, 1923
Lotte Laserstein Im Gasthaus, 1927. 

Savely Sorin (1927)

Milt Kobayashi 

The Answer - Jane Peterson 


Emile Savitry Dans un bar de Pigalle en 1938

Foujita

Grigory Gluckmann - Daydreamers



Gianni Novischi, 1950

 
Edgar Degas, "L'Absinthe (L'assenzio)", 1875


Karl Hubbuch

 

Two women sitting at a bar, 1902 - Pablo Picasso
 
 Confidants  -  Harry Wilson Watrous c. 1910-11

 

 

venerdì 17 febbraio 2017

GODETE GUARDONI! Le immagini che facebook mi ha censurato

In parecchi anni di militante sharing culturale ho molto peccato in pensieri, parole, immagini e post. Facebook in fatto di linea editoriale ha scelto, però, di allinearsi alle direttive di un Imam integralista di qualche sperduto villaggio afghano - perché il medioevo gli sembrava troppo progressista - e mi ha già condannato una decina di volte. Un paio di anni fa addirittura a 20 giorni di vita normale, dopo essere stato denunciato da un anonimo delatore, senza altra verifica, per blasfemia e corruzione di minori dopo aver pubblicato una foto di Mina in minigonna. Giuro.  


Questa la sequenza incriminata, presente sul profilo de "Il Museo Immaginario", blog sull'arte del '900, evidentemente frequentato da guardoni e pervertiti. Una foto "ginecologica" dei primi anni '70, scattata durante una trasmissione televisiva, a dimostrazione che il direttore generale della Rai di allora, Ettore Bernabei, 45 anni fa, era molto più avanti dei social di oggi. Anche perché, inviate alcune email di protesta, mi fu riposto che l'immagine "violava la policy del social", dimostrando come uno spider o un algoritmo possa umiliare l'intelligenza umana, alla faccia del buon Asimov, pace all'anima sua, che predicava che nessun robot avrebbe potuto fare del male a un essere vivente. 

 
Qualche anno prima, su un altro account, ero incappato in un altro caso increscioso. In effetti, lo riconosco, la foto "Pepper" di Edward Weston del 1930 che avevo condiviso era abbastanza "piccante". Facebook aveva, infatti, scambiato un peperone per un culo di colore (penso) ed ero stato sospeso a divinis per alcune ore.  



Come un rosario, mi piace così presentarvi altre foto censurate e raccontarvi la loro storia. La prima, anzi l'ultima in fatto di tempo, immortala una fotografa di 91 anni Imogen Cunningham e la sua modella Twinka Thiebaud nei boschi dello Yosemite Park, nel 1974, opera della 33enne fotografa Judy Dater. Una foto (che mi è valsa 7 giorni di sospensione) che mette a confronto una vecchietta stile bierdemeier, ancora geniale, nata nel 1883 e una giovane ninfa. Pubblicata su Life è considerata tra le foto più belle del secolo per il suo contrasto leonardesco tra gioventù e vecchiaia, tra bello e brutto, con una posa della ragazza che ricorda alcune opere manieriste e l'apparente timore della fotografa, che sembra trovarsi di fronte a una visione o al fantasma dei proprio ricordi. Evidentemente sono stato peggio di un untore, visto che in poche ore l'immagine, prima di essere bannata, ha avuto 570 like e 220 condivisioni, volumi di contagio che rendono la febbre aviaria praticamente una principiante.  foto  In questa altra immagine vorrei invece ricordare l'abbraccio poliposo di William-Adolphe Bouguereau a Psiche (non sarà mica una metafora?) considerato lussurioso. Un'opera del 1895 di un autore oggi dimenticato che ebbe un grande momento di notorietà e che Marcel Proust immaginava fosse in grado di catturare e rendere comprensibile l'essenza trascendente della bellezza della donna.  psiche  Passo quindi al dettaglio della tela La Cigale 1872 di Jules Joseph Lefebvre, che incornicia una tetta dipinta, che appare bianca e morbida come lo zucchero a velo di una festa di paese. Quadro che nasceva come l'illustrazione per "La Cicala e la Formica" dei racconti di La Fontaine. Immagine che spingerebbe chiunque a voler essere un Cicalone.




A contrasto con questi dipinti più di sapore accademico vi propongo ora un'altra immagine che mi ha sempre stregato, per l'erotismo e il mistero: Maya Deren, in uno scatto del 1943. Una delle più innovative registe del cinema sperimentale negli Stati Uniti, ma anche coreografa e ballerina. Una, come diceva lei stessa che faceva film "...con il budget che le produzioni di Hollywood hanno per la voce rossetto". Ucraina di nascita, morirà nel 1961 a 44 anni di emorragia cerebrale a Los Angeles, probabilmente per le pozioni di Max Jacobson, detto il "Doctor Feelgood", che distribuiva come se niente fosse anfetamine a clienti di altro profilo, compreso il presidente John F. Kennedy.  maya  Tocca quindi la schiena di Lorenzo Bartolini, dal titolo pio Fiducia in Dio, del 1834, capolavoro in marmo, conservata al Museo Poldi Pezzoli per la goduria di vecchi pervertiti che frequentano posti equivoci come quello.

 


Per poi passare a "Bewegung" di Rudolf Koppitz, (1920), denunciata da un anonimo delatore come inappropriata, e che a me ricorda nella composizione di donne scure e corpi una pietà medioevale, o una lamentazione catalana del '400.  foto 3  E, infine, Wet Silk la foto del 1936 che è considerata il capolavoro di Erwin Blumenfeld, che giovanissimo, l'aveva esposta nella sala di attesa di un dentista, e che fece così colpo su Matisse da scambiare, alla pari, alcune delle foto di quella seduta con i disegni del già ben noto maestro.  



Qui mi fermo, ma avrei altro da mostrare. Conscio di aver ridato vita e dignità a una sequenza recuperato dalle tenebre del perbenismo che ricorda i baci tagliati dalla censura del parroco di "Nuovo Cinema Paradiso".  Tutto questo è sbagliato? Di più. Umilia le radici profonde della nostra cultura, secoli di lotta e di sacrifici, azzera Rinascimento e Illuminismo, le manifestazioni per i diritti delle donne, le vittime della cultura e dell'arte degenerata. Forse andrebbe detto a Facebook che ogni volta che una foto viene censurata, senza applicare l'uso della ragione, la statua di Galileo Galilei, piange. E anche io, per la verità, non mi sento molto bene.


Una spa nel 1920. censurata due volte. :)

Andre Derain, la modella e il manichino

Studio Manasse, Vienna 1920/1935 il re del porni kitsch


giovedì 16 febbraio 2017

SHREK E’ ESISTITO E PARLAVA 14 LINGUE

Era gentile, colto, divertente, e grazie al successo, che renderebbe interessante anche un sasso, ebbe una discreta vita sentimentale.
Il problema che era conosciuto con due soprannomi, Angelo Francese e quello meno seducente diL’uomo più brutto del mondo”. Così brutto e così simpatico da dare le fattezze di Shrek, l'orco gigante verde ideato nel 2001dalla Dreamwoorks Animation basato sulla fiaba omonima del 1990 di William Steig.
Una somiglianza mai ammessa ufficialmente, anche se talmente lampante da non lasciare adito a dubbi.



 

Maurice Tillet (San Pietroburgo, 1903 – Chicago 1954) è stato un wrestler e rugbista, nato in Russia da una famiglia francese al seguito del padre, ingegnere, impiegato nella costruzione della Ferrovia Transiberiana
Dopo la rivoluzione russa, orfano, torna in Francia, dove si manifesta la malattia che gli cambierà la vita: l’acromegalia.
Una crescita inusuale delle ossa facciali e degli arti, con un parallelo tumore alla ipofisi.
Nel frattempo studia al Collège Stanislas a Parigi e poi giurisprudenza all'Università di Tolosa e imparando ben 14 lingue.
Imbarcatosi nella Marina francese vi rimane per 5 anni come ingegnere. Inizia a giocare a Rugby e nel 1937 durante un viaggio a Singapore incontra il wrestler Carl Pojello che lo convince a diventare un wrestler professionista.

Trasferitosi a Parigi si allena duramente, e nel 1939 si trasferisce in America.
Imbattuto per 19 mesi di fila vinse il World Heavyweight Championship (Campionato mondiale dei pesi massimi) a Boston nel maggio 1940 e tenne il titolo fino al maggio del 1942. All'inizio del 1942 vinse lo stesso titolo a Montreal (Canada) e nel 1944 vinse di nuovo lo stesso titolo a Boston, che mantenne solo per un breve periodo.
In seguito, l’aggravarsi del suo stato lo portò  ridurre gli incontri per poi morire di un problema cardiovascolare causato dalla sua acromegalia.