UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti 50 nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, progettisti, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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lunedì 23 gennaio 2017

FREUD IL SESSO IL TENNIS E LA PAURA DEL DOPPIO FALLO

Andre Lhote, tennis, 1917
“Le verità rivelate dalla mia teoria dell’Istinto Tennistico 
sono così pericolose, così provocatorie,
 che forse dovrebbero esser taciute per sempre…”
Sigmund Freud (1938)


 
PRIMO SET.

Se avete giocato a tennis sapete bene che la tecnica non è tutto se non hai la testa e il cuore e che le geometrie, a un certo punto, te le sogni la notte. Se le sognava anche Sigmund Freud che però non solo lo amava, ma lo trovava così denso di significati profondi da dedicargli quasi 80 testi.

 

SECONDO SET.

1980, Theodor Saretsky, docente di psichiatria e psicoterapia al Postdoctoral Institute dell’Adelphi University e tennista sfegatato, acquista un vecchio baule ammuffito ad un’asta di cimeli freudiani. Al suo interno trova un manoscritto: Prima raccolta delle opere tennistiche di Sigmund Freud (1938). Non solo Theodor fece una scoperta straordinaria. Non solo Freud amava il tennis e presumiamo il sesso, di cui parlava in continuazione, ma mise in rapporto le due cose. Riprendiamo quanto pubblicato da Il sesso come sublimazione del Tennis – Theodor Saretsky, stampato in Italia da Mondadori.



TIE BREAK

“Nessuno sa che sono sempre più deluso dal sesso e che quando vado scrivendo della sessualità umana è una falsa pista destinata a distrarre l’attenzione del mondo dalla mia teoria dell’Istinto Tennistico… La grande libido del tennis finirà col togliere alla pulsione sessuale il potere che esercita sulla psiche umana, per trasferirlo su qualcosa che ha radici ben più profonde: la perenne ricerca di campi coperti disponibili nelle prime ore del mattino”.

In una lettera, il 12 settembre del 1901, inviata al Dottor Pfister (consigliere ecclesiastico, tra i primi sostenitori della teoria dell’Istinto Tennistico, autore del libro “ Nel doppio il mio partner è Dio”), Freud domandò all’amico come mai la sua mente fosse sconvolta da una passione elementare e pedestre come la Follia Tennistica, che lo portava a non dormire la notte, a perdere l’appetito e addirittura l’interesse per il suo lavoro. Il suo unico insistente pensiero era quello di trovare uno stratagemma per scatenarsi sui campi dai tennis come un comune mortale, “scappando” dalle sue donne di casa che nel suo poco tempo libero lo costringevano a spostare i mobili dell’ufficio portandolo all’esasperazione e tenendolo lontano dal campo.

In realtà, tutto questo aveva a che fare con la proibizione paterna di giocare a cavalluccio. Attraverso queste lettere Freud si rese conto che il tennis pian piano prendeva il sopravvento sul sesso e che i suoi sogni mostravano irrimediabilmente una fortissima connessione con le esperienze più significative della sua infanzia.



Questa dottrina diede inizio ad atti di vera e propria follia.
Nel 1922 l’Austria venne travolta da un atto fanatico nel vero senso della parola: centinaia di individui, sofferenti d’ipocondria tennistica, chiesero di far spargere le proprie ceneri sui campi da gioco. Freud e il governo austriaco riuscirono a porre fine alla situazione spiegando che, a furia di spargere ceneri, i campi si stavano rovinando e le palle rimbalzavano male. Mentre il Maestro elaborava i primi principi della Tennisanalisi, sostenuto moralmente dai suoi confidenti del Circolo di Mercoledì e criticato con accuse di depravazione da parti di molti, in Austria nacquero istituti che avrebbero dimostrato che le sue teorie in fondo non erano pura e semplice follia. Da menzionare la Clinica degli Incurabili Tennistici nel castello di Belle-Vue, vicino a Vienna, in cui un Freud ancora agli inizi di carriera, lavorando su alcuni casi disperati di degenerazione tennistica ereditaria, acquistò conoscenza dei Grandi Segreti dell’Inconscio Tennistico. 

Anton Räderscheidt (German, 1892 – 1970) The Tennis Player. 1928
Nel 1906 fondò l’Istituto di Tennisanalisi, cui unico scopo era quello di studiare e curare, clandestinamente, la nevrosi tennistica dei suoi pazienti. Studi che lo condussero ad affermare, soprattutto basandosi sul famoso sogno di Otto M (in cui una racchetta simboleggiava un essere umano e una partita di tennis rappresentava l’esistenza stessa), che“ LA VITA è TENNIS e IL TENNIS è VITA” e l’unico modo per conoscere a  fondo i pazienti era giocarci una partita di tennis perchè è sul campo che affiorano tutte le paure dell’essere umano. A Freud va attribuita anche un’indagine psicanalitica sul perché perdiamo contro avversari meno bravi di noi. (Il bisogno inconscio di fallire, 1896)

Per affrontare questo argomento si servì di Hans, campione di tennis che invariabilmente perdeva le partite più importanti. Da piccolo quest’ultimo rifiutava di uscire di casa per paura che un cavallo potesse staccare con un morso la testa della sua racchetta. Il bambino nutriva ostilità nei confronti del padre, sebbene gli avesse insegnato a giocare a tennis e che a sua volta aveva nell’inconscio l’ansia nevrotica di essere battuto dal figlio. Il Maestro scoprì che in realtà Hans proiettava sul cavallo l’idea della vendetta paterna per il suo spirito competitivo. Fu a quel punto che dovette rendersi conto che se durante una partita detestava gli avversari così tanto per cercare di batterli, inevitabilmente era come se volesse battere suo padre. Questo gli impediva di vincere perché lo portava ad avere nei confronti dell’avversario un sentimento di amore e odio controproducente. Dopo l’aiuto di Freud il campione Hans, che aveva sconfitto la sua “fobia”, era in grado di vincere ogni partita



TERZO SET

Per anni Freud si sforzò di capire alcuni fenomeni della vita quotidiana di un giocatore di tennis. Si rese conto che molti non riuscivano a servire se non avevano tutte e tre le palle in mano, altri si preoccupavano di sapere chi era stato l’ultimo a passar loro la palla, altri ancora erano perennemente distratti dal dubbio di avere la patta dei pantaloncini aperti oppure non riuscivano a dormire bene se non possedevano diversi tipi di racchetta e non sapevano esattamente dove fossero collocate. La spiegazione è sconcertante: Freud asserì che le ossessioni servono a sostituire l’organo genitale maschile. (Da Il mistero sotto la gonna, 1938)

 Percy Shakespeare, Tennis, 1937, oil on canvas, Private Collection


Percy Shakespeare, Tennis, 1937, oil on canvas, Private Collection.

Percy Shakespeare, Tennis, 1937, oil on canvas, Private Collection.

GIOCO. PARTITA INCONTRO.

Le racchette siamo noi e noi siamo le racchette. 
Quando saremo riusciti ad accettare questo fatto fondamentale, scopriremo che la vana lotta per dominare il mondo circostante è in realtà la lotta per dominare noi stessi”
Fonte – Il sesso come sublimazione del Tennis” – 
Theodor Saretsky, 1988 Arnoldo Mondadori editore.

The Tennis Player - 1927 Artist: Lawrence Stephen Lowry
Disegno commissionato da Freud a J. Fishman nel 1923. Rappresenta la terribile frustrazione di un bambino che non ha ancora il permesso di giocare a tennis, ma è abbastanza cresciuto da fantasticare e farsi domande.



 

 
 
David Hocney tennis, 1984


David Hockney, Tennis, 1989, fax paper on A4, Saltai



domenica 22 gennaio 2017

L'INVASIONE DEGLI ULTRA-INSETTI: ALFRED KELLER

 

Arrivano i mostri! Alfred Keller (1902-1955) fabbro, falegname e factotum, impiegato presso il Museum für Naturkunde (Museo di Storia Naturale) a Berlino, Germania dal 1930 fino alla sua morte nel 1955, ha sempre preso molto sul serio il proprio lavoro. Soprattutto quando gli chiesero di costruire modelli fuori scala di insetti e altri animali. Lo fece, lo fece così bene da realizzare un mondo fantastico, come mai nessuno aveva fatto, dove accanto ad animali ricostruiti con assoluta perfezione, con una impressionante attenzione ai dettagli, iniziarono ad affiancarsi anche creazioni di fantasia. Molte delle sue opere, soprattutto le seconde, andarono però distrutte durante la seconda guerra mondiale.






Ha lavorato con cartapesta e altri materiali come la celluloide e galalite per creare modelli di insetti tra cui una pulce (1930, 100: 1 in scala), una mosca (1932, 50: 1 in scala), una zanzara in volo (1937, 60: 1 in scala), un coleottero del Colorado patata (1940, 50: 1 in scala), e una palla portatore cicalina (Bocydium globulare, 1953, 180: 1 in scala), tra gli altri. La mosca comune, tipico della cura dei dettagli mostrato in sculture di Keller, comprende 2.653 setole. Ogni modello ha richiesto 



mercoledì 4 gennaio 2017

"Paris qui dort" la fantascienza di René Clair


Un piccolo capolavoro di 30'. il primo corto muto "fantascientifico" di René Clair che è stato recentemente restaurato.
"Paris qui dort" è il primo mediometraggio di René Clair, muto, girato nel 1923, ma distribuito solamente due anni più tardi è uno dei primi film di fantascienza di simulazione: cosa succederebbe se il mondo si fermasse?



In una Parigi deserta. Albert (Henri Rollan), il guardiano notturno della Torre Eiffel, si sveglia per scoprire che tutta la città è addormentata. Tutto sembra essersi fermato nel corso della notte. A lui si uniranno un pilota di aereoplano (Charles Martinelli), una giovane ragazza (Madeleine Rodrigue) e altri strampalati personaggi (Antoine Stacquet, Marcel Vallée e Louis Pré Fils). Insieme scoprono che uno scienziato pazzo (Charles Martinelli) ha lanciato un raggio in grado di addomentare tutto il mondo. Per far tornare tutto alla normalità i nostri eroi cercheranno la collaborazione della figlia dello scienziato (Myla Seller)…

L’idea di fermare o modificare l’andamento del tempo accompagna l’uomo fin dalle sue origini. Ne parlava già Zenone nell’antica grecia. Era però la prima volta che questa stessa idea veniva proposta sul grande schermo e sicuramente dovette affascinare molto gli spettatori dell’epoca. Fin da questo primo film, René Clair mette in scena alcuni dei temi a lui più cari, come l’avversione per le ricchezze, il desiderio di libertà e il tocco fantastico che abbiamo conosciuto grazie a Le Voyage imaginaire. Paris qui dort risulta godibilissimo grazie alla sua brevità e alla capacità del regista di mettere in scena la vicenda con estrema leggerezza. Si è ipotizzato che una delle fonti di ispirazione per il regista, sia stata la visione della Parigi semi-deserta durante la Prima Guerra Mondiale.

René Clair, scontento dei suoi lavori giovanili, rimise mano nel 1976 a Paris qui dort per effettuare alcune modifiche, facendo diversi tagli e riducendo il tutto a 35minuti circa (la versione che potete vedere qui in fondo dovrebbe essere questa). Nel 1999 la Cinémathèque Française rimise mano al film per riportarlo ai 67 minuti originari.

Io gli darei cinque pallini. Voi?