UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti 50 nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, progettisti, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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domenica 29 maggio 2016

MICHAHELLES - THAYAHT E RAM: SOLO GLI INVENTORI DELLA TUTA POTEVA INVENTARE LE CASE IN SERIE.

ERNEST (THAYAHT) IN ALTO. RUGGERO (RAM) IN BASSO

Siamo alle solite. L’Italia ha due geni e se li dimentica.
Due fratelli che lavorano spesso insieme, pittori e scultori di straordinario talento, ma anche fotografi, grafici, architetti, scenografi, esoteristi, ufologi, innovatori sempre. Paladini della creatività vissuta come competenza trasversale. Ultimi degli enciclopedici. Futuristi, ancora prima di aderire al movimento, che li risucchia, ma non li valorizza e che loro bellamente superano: Ernesto Michahelles in arte Thayaht (Firenze 1893 - Pietrasanta (LU) 1959 e Ruggero Alfredo Michahelles, in arte RAM (Firenze 1898 – 1976)
Due geni ai quali anche la moda italiana deve molto.

RAM (Ruggero Alfredo Michahelles) : Ragazza con cuscino rosso (1938) - Olio su compensato
Progetto e foto di Thayaht con la tuta. Al progetto partecipò anche RAM coofirmataripo.
Sono rampolli di una famiglia benestante e cosmopolita con radici anglo-svizzero-americano-fiorentine, tanto da poter usare, all’occorrenza, passaporti diversi, sentendosi a casa propria a Parigi come a New York. Sono un po’ dandy, sognano, ma poi le cose le fanno veramente.

Come Ernesto, che nel 1930 sperimenta sulle spiagge della Versilia il Carro a Vela, primo esempio nella storia di mezzo trainato dalla sola forza del vento innovativo e decisamente cool. Come trendy è l’hobby della oreficeria, che pratica per diletto, ma che poi gli permette di brevettare una nuova lega d'alluminio: la "thayahttite” con la quale plasmerà il volto del Duce, nel più bel ritratto di sintesi dell’epoca. 


Il logo creato da Thayaht per Madelein Vionnet, del quale sarà stilista

Ernesto, che ha lavorato a Parigi nel 1918 come stilista e designer per la regina della moda Madeleine Vionnet - per la quale crea il logo e studia capi di abbigliamento basati su accostamenti cromatici e combinazioni geometriche rivoluzionarie per l'epoca - si permette addirittura di inventare e brevettare la TuTa (si scrive proprio così). L'abito unitario a forma di 'T', che si ispira ai concetti di funzionalità espressi da Balla, ma che rispetto a Balla, li rende concreti.

La tuta è una combinazione nuova, pratica e “sintetica”: in un solo pezzo sono condensati giacca, camicia, pantaloni. E’ economica per tempi di fabbricazione e materiali: è allacciata con bottoni sul davanti, ha quattro tasche applicate, si indossa facilmente, con una cintura, si porta con sandali.

Non solo inventa una cosa totalmente nuova nella sua semplicità, ma grazie al fratello RAM, ancora più matto di lui, realizza una delle prime campagne moderne di comunicazione coniando il motto “Tuttintuta!”, per celebrare non l'individuo, ma il valore della comunità e delle massa.

I fratelli allegano al quotidiano “La Nazione” 1000 cartamodelli (17 giugno 1920), ma fanno ancora di più: mettono in piedi un’azione ambient che anticipa di 80 anni le azioni di guerrilla marketing, e riprendono il tutto con la macchina da presa (avete presente i viral che la gente condivide su Facebook?).

Un film di 8 minuti e 35 secondi, che è stato presentato per la prima volta a Ottobre 2015 al Milano Design Film Festival che mostra Firenze invasa da 100 figuranti, compresi i bambini, tutti in tuta, coinvolti per propagandare la nuova invenzione.



RAM (Ruggero Alfredo Michaelles)

Studio di prospettive, 1930 c.

Sono provocatori e inarrestabili. Thayaht sarà in seguito il fondatore della ufologia in Italia. Ram un indagatore del cervello, pronto a sperimentare e inventare rebus, giochi di parole, come scenografie, a studiare in corpo umano quasi fosse un medico, dimenticandosi di essere un grandissimo artista per la fluidità del segno e la visione europea.
Se il tema-provocazione della TuTa, che verrà riproposta anche in versione femminile (non avranno successo entrambe le proposte, perché troppo avanti rispetto ai tempi) è comunque noto, quasi nulla si sa del loro contributo, straordinario e visionario, nell’ambito della architettura civile e dell’urbanistica, tra utopia e razionalismo. Idee e progetti, oggi in fase di studio, oggetto di futuri approfondimenti.

Stiamo parlando di due scritti teorici, e dei disegni tecnici a essi collegat, realizzati dai fratelli in totale condivisione: “Brevetto per Casolaria” e “Le Case in Serie”.




Nel primo progetto “Brevetto per Casolaria - Casa razionale estensibile” codificato con lettera scritta all’Ufficio Brevetti del 15 dicembre del 1931, i due fratelli immaginano, inserendosi nel dibattito in atto a livello internazionale sul razionalismo, un modello di abitazione capace di crescere con le esigenze della famiglia. Dal modello base (la casa minima, adatta agli sposi novelli) l’edificio cresce, si “estende” passando al modello medio (8 letti) alla casa su due piani, sino alla casa massima, pensata per dare ospitalità alla politica demografica pianificata dal Governo.

Tutti gli elementi strutturali e i servizi base (impianto idraulico, energia e riscaldamento) restano invariati, mentre le aggiunte di volumi possono essere realizzate su base prestabilita e programmata, a prezzo concordato.
Un concetto di razionalismo che abbina praticità, design e concretezza. Che guarda avanti e prevede già il garage come elemento base del progetto (si pensi che nel 1931 le auto immatricolate furono solamente 14.760). E che pianifica una reale fusione con la natura, nello sviluppo delle terrazze, sino alle modalità di fruizione del sole, esposizione, l’illuminazione e irraggiamento. Ca-solaria è - e non a caso - un gioco di parole parafuturista.




Di grande interesse teorico il documento “Le case in serie” sviluppato probabilmente solo da Ernesto, che parla in forma singola per 14 pagine dattiloscritte, nelle quali viene analizzato il ruolo che l’architettura deve assumere ai nostri giorni anche nella sua funzione etica e sociale.

Il parallelismo è semplice. Trasportate la serialità del design e dell’industria (come ad esempio la produzione delle automobili) alle tecniche di costruzione, scelta e commercializzazione delle case, puntando, senza mezzi termini, a ridurre del 50% il costo di costruzione, garantendo agli occupanti il meglio della tecnologia, della tecnica, dei servizi. Una ricerca che parte dalla ricerca e selezione dei materiali, e che viene sintetizzata dalla domanda che Michahelles si pone: “Non trovate assurdo che una casa pesi parecchie migliaia di tonnellate?

Per riuscirci, occorre ridurre orpelli, sostituire le travi con nuove leghe, preferire il rigore della linea retta, la standardizzazione delle misure (tutte le finestre uguali), perseguire  riduzione dei mobili. Non più armadi, ma anse di muratura integrate nelle mura…
Insomma, “macchine per abitare”, economiche e piacevoli. L’Architetto, come scrive “…si deve trasformare in giardiniere”. Mentre il capo-mastro deve essere sostituito dal progettista.

E non solo delinea il modello base urbanistico (town cittadine di mille edifici) ma prova a codificare anche la struttura della Società che dovrà poi sviluppare industrialmente il progetto, realizzando e producendo anche i materiali base. Applicando, di fatto, una teoria socialista alle dinamiche economiche del capitalismo. Si pone addirittura il problema del posizionamento del letto, e analizza le coordinate storiche di tutte le sue diverse abitazioni, anticipando l’applicazione del Feng Shui, conosciuto in Europa solo dagli esperti di antropologia orientale, ma relegato a mera raccolta di stramberie e curiosità cinesi.

Ci troviamo di fronte a una utopia che potrebbe diventare realtà. E che in parte si realizzerà a opera dell’Istituto per le case popolari (ICP), il quale attuò uno sviluppo edilizio nel quartiere della Garbatella a Roma basato proprio sulla sperimentazione della “casa rapida” (1923-1927), caratterizzata dall’utilizzo di materiali poveri e da una notevole velocità di esecuzione, trasformando i giardini privati in luoghi collettivi, pur mantenendo la conformità alla tradizione delle forme architettoniche.
Temi che riprese l'architetto e ingegnere Marcello Cappelli, che applicò nel dopoguerra sistemi di edilizia "razionale" nei materiali per costruitr spazi pubblici alla metà delle cifre sino all'epoca applicate.

Sono gli stessi obiettivi che l’architettura si pone oggi, sin dallo sviluppo di sistemi di costruzione realizzati in serie con materiali prestampati, prefabbricati e modulari. Concetti che, dopo quasi un secolo, suonano ancora rivoluzionari. Ma le rivoluzioni in Italia, si sa, vengono sempre affrontate con uno sbadiglio. 




La bozza della copertina del catalogo dedicato alla stranordinaria analisi del mondo di Gauguin
RAM

Il carro a vela. costruito da Thayaht e Ram in Versilia, il primo mezzo mosso dall'energia del vento



RAM



RAM

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