UN PROGETTO DI ALFREDO ACCATINO

Viaggio non scontato tra artisti e visionari da tutto il mondo, molto lontano dai soliti 50 nomi. Non esisterebbero le avanguardie senza maestri sconosciuti alla massa (ma certo non a musei e collezionisti). E non si sarebbe formata una cultura del contemporaneo senza l’apporto di pittori, scultori, fotografi, designer, scenografi, illustratori, progettisti, che in queste pagine vogliamo riproporre. Immagini e storie del '900 – spesso straordinarie - che rischiavamo di perdere o dimenticare.


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martedì 28 giugno 2022

L’AMANTE DEL PITTORE. GERALD & DORETTE (LA SPUDORATA)


Gerald Leslie Brockhurst (1890 – 1978) è stato uno dei più famosi e apprezzati ritrattisti inglesi tanto da immortalare negli anni ’20 e ’30 la principessa di Windsor e altri membri della famiglia reale, o dive come Merle Oberon e Marlene Dietrich. 
Adotta sempre uno stile anomalo e acido, a tinte fredde, che lo pongono un palmo sopra a tantissimi professionisti di genere, tanto che già al tempo un suo ritratto costava 1000 ghinee e non era destinato a gente comune. Ha soprattutto un approccio analitico e psicoanalitico che, secondo me, in alcuni casi, lo colloca tra i maestri del Modern Realism internazionale. Aveva anche una moglie, Anaïs, della quale troverete un'immagine in coda all'articolo, e una vita che, dall'esterno, appariva borghese e abitudinaria.
 


Questa la prima parte. La seconda inizia  in rete, sino a fermarsi su questo ritratto ipnotico:  Jeunesse Dorée (1941/42), Lady Lever Art Gallery, Liverpool, che ho voluto come cover di Outsiders 3.
Quadro e autore di cui in Italia non esisteva alcuna imformazione. Lo sguardo è duro e triste, le labbra morbide e tumide, i capezzoli quasi forano la lana di un orribile golfino nello stile dell'epoca.
Ma sono gli occhi che colpiscono.
Rimandano un vortice di peccati e di infinita tristezza, che sembra quasi far rumore. Ha le sopracciglia fini da strega cattiva che puntano in giù, all'incavo degli occhi. Dovrebbe celebrare la giovinezza, esplora il desiderio.
Dopo questo ritratto ne trovo altri. Tutti straordinari e un po’ disturbanti. Come Adolescenza, con la ragazza dagli occhi tristi poco più che bambina.

Dorette nell'incisione Adolescenza, 1932

Due anni dopo il primo intercetto, scopro casualmente che la ragazza era la sua amante, da lui ribattezzata "Dorette". L'aveva conosciuta appena diciottenne  come modella, perdendo completamente la testa. Rimase, però a lungo, solo l'amante, sino a quando dopo anni, stanco di sotterfugi Dorette (che in realtà si chiamava Kathleen Woodward), fece scoppiare il tema dell'adulterio volontariamente nel corso di una intervista al Sunday Express, facendo saltare il matrimonio, tanto che il pittore lascia la moglie per trasferirsi con lei in America a continuare una carriera di successo. Ha realizzato moltissimi suoi ritratti, anche dopo i fatti raccontati, dove diventa "La signora" e, anche lei, si imborghesisce.
Ah, dimentincavo. Quando scoppiò la bomba uscì fuori anche che prima di Dorette, Gerald aveva già tradito sua moglie intrecciando una lunga relazione con la sorella di lei. A dimostrazione che in Inghilterra una vita abitudinaria, poteva sempre essere ricca di sorprese.
 


Gerald mentre in studio realizza il ritratto di Merle Oberon







Gerald e Dorette sposi

 2 portraits of the artist's first wife, Anaïs Folin



sabato 22 gennaio 2022

JOSEPH E. YOAKUM. L’UOMO CHE DISEGNAVA IL MONDO.

 

»Te lo dico, ci sono pochi posti in cui non sono stato... 

di qualsiasi dimensione. E non c'è niente che non abbia sofferto nel vedere le cose in prima persona.

Andavo ovunque mi portasse la mente. Sono stato dappertutto in questo mondo, per quattro volte».

Joseph Yoakum


Joseph E. Yoakum (1890-1972), all’età di 71 anni cominciò a realizzare a Chicago i suoi originali paesaggi, composizioni capaci di fondere in un equilibrio delicato realtà e fantasia, descrivendo la sua inclinazione al viaggio tra reale e l'immaginario. Un viaggio che lo ha portato addirittura al MoMa di New York, il tempio dell'arte.
Siamo alla fine degli anni ’60 e la maggior parte del suo lavoro consiste in paesaggi dai colori radiosi con montagne, acqua, alberi e strade tortuose in configurazioni astratte e complesse. Eppure è talmente dedicato al progettoi che arriva a realizzare sino a un disegno al giorno.

A volte Yoakum affermava di essere un purosangue "Nava-joe "Indiano, uno dei dodici o tredici figli nati da un contadino in una riserva indiana a Window Rock, in Arizona. Altre volte ha insistito sul fatto di essere di origine afroamericana. Ma a plasmare il suo animo da avventuriero furono i circhi itineranti: a nove anni, abbandonò casa e famiglia nel Missouri per lavorare all’Hagenbeck-Wallace Circus. Ha affermato di aver lavorato con Buffalo Bill prima del 1903, quando divenne il cameriere personale di John Ringling del Ringling Brothers Circus. Tra il 1905 e il 1910, Yoakum potrebbe aver visitato Europa (Roma compresa), Russia, Messico, Medio Oriente, Cina, Siberia, Canada, America Centrale e Sud America. Il suo primo matrimonio avvenne intorno al 1910 e portò cinque figli. 

Si risposò nel 1929. Quando la guerra devastava l’Europa, verrà arruolato in un’unità non combattente di soli afroamericani, in compagnia dei quali solcherà le terre del Vecchio Continente.


Nelle sue centinaia di variazioni, reali o immaginarie, le montagne e l'acqua sono i temi principali. Tra il 1965 e il 1970 Yoakum disegnava costantemente e talvolta completava diversi quadri al giorno, spesso simili nel tema, ma nettamente diversi nel design. Teneva un assortimento di libri di viaggio, un atlante e l'Enciclopedia Britannica e si impegnava molto per includere iscrizioni che nominassero dettagli geografici che andavano dalle valli ai continenti. Le sue convinzioni religiose erano radicate nell'idea che Dio e la natura fossero la stessa cosa.


Joseph E. Yoakum Mt Grazian in Maritime Alps near Emonaco Tunnel France and Italy by Tunnel stamped 1958





 

martedì 26 ottobre 2021

MARIO DE MAIO. L’EDITORE/ARTISTA CHE SCELSE DI EDITARE SOLO LIBRI D’ARTISTA IN POCHISSIME COPIE. I SUOI.

Di Maio ci mostra dipinti che sono costruiti con texture inventate (che provengono cioè da una natura interiore invece che da una natura esteriore), costruiti con strisce di cartoncini preparati, sensibilizzati al punto che l’osservatore è spinto a cercare nella natura esteriore, nell’ambiente quotidiano qualcosa che corrisponda alla sensazione provata.

Bruno Munari, 1984

 


 

Siamo la prima generazione che svanirà per sempre, come lacrime nella pioggia. Tutto il materiale digitale si disperde, si riduce in definizione in pochi passaggi, viene dimenticato, cancellato, affidato alla resilienza di un server esterno forse posizionato in Pakistan o nel Montana. Così le nostre foto non si troveranno più nei mercatini delle pulci del 2100, non ci sarà più nessuno disposto a riscoprirci, e noi saremo solo un nome in un database. Ci saranno ancora i libri, molti di meno di adesso, dimostrando come la carta sia più forte di ogni cosa. E i libri d’artista saranno quelli più curati e coccolati come mai, passati di mano in mano come vere opere d’arte.

Un'intuizione figlia delle avanguardie storiche (tra futurismo e avanguardie russe). Anzi nel testo di Marinetti Gli indomabili (1922) si teorizzava “una smaterializzazione del libro consueto per una trasfigurazione e decontestualizzazione in forme e materiali che esaltino il contenuto di un libro-oggetto d'arte o ne indichino un senso inusuale ma sempre nell'esaltazione del valore culturale, formativo, creativo che un libro può ricoprire.  Per questo erano nate le “litolatte”, "libri indistruttibili". Da Depero a Isgrò, sino all’arte concettuale il passe è veramente breve ma fra tanti nomi illustri, vorrei porre luce su un grande maestro nascosto.

Mario de Maio, nato a Torino il 14 novembre del 1928, pittore segreto dal 1945 dopo gli studi giuridici, ha tenuta quasi nascosta la sua attività, dovendo dirigere per oltre trent’anni la Casa editrice Carlo Signorelli di Milano, una gloria della produzione scolastica italiana, poi confluita nel 2000 nel gruppo Le Monnier, poi nella Mondador. Personaggio di peso nell’editoria italiana con l’attivo milioni di copie e grandi successi editoriali soprattutto nel settore didattico ed educativo, per anni ha tenuto quasi nascosta la sua attività che lo ha visto comunque realizzare quasi centro mostre in Italia e all’estero, protagonista della cultura d’avanguardia dagli anni ’60 agli anni ’70. Per poi approdare alla creazione di libri d’arte, libri d’artista (autentiuci libro oggetto) in tiratura limitatissima che spesso regalava ai suoi amici editori e pittori, lasciando negli anni '90 la storica casa editrice

Queste le opere che vogliamo presentare, nella rarefazione della forma classica dello stile pittorico di Mario de Maio, intrise di Paul Klee, quello che Lucas Jackson definì “uno spoglio cromatismo” che attirò l’ammirazione di Bruno Munari che così scrisse: “… i suoi piccoli dipinti, così essenziali, così precisi, così accuratamente progettati e contenuti in una struttura appena necessaria per tenere assieme tutti gli elementi della composizione”.

Trasferitosi a Milano dal 1945 dal 1962 ha realizzato collages cartacei e lignee strutture multipercettive, costruzioni con telai quadrati monocromi, sculture di ferro, libri in copia unica e libri d’artista. Nel 1985 è co-fondatore di “Nuova Visualità”. E’ stato invitato alle principali mostre nazionali e internazionali sul costruttivismo, concretismo, cinevisualismo e a importanti rassegne d’arte a Stoccarda, Zurigo, Bachenbulach, Roma (Quadriennale), Stoccolma, Saragozza, Bucarest, New York. Mario de Maio è mancato nel 2010.



Mario de Maio, pittore ed editore (Torino 1928 - Milano 2010)      












venerdì 1 gennaio 2021

MAX HEADROOM. ICONA DIGITALE DEGLI ANNI ‘80.

Negli anni ’80 chi si occupava di comunicazione e di televisione e il mondo più attento alle innovazioni (quindi l’universo giovanile) scoprì il mondo digitale. Si andava a Cannes a vedere “Imagina” la fiera delle novità video, e nascevano i programmi più all’avanguardia del tempo, come il mitico “Mr Fantasy” sulla Rai. C’era anche un eroe, MAX HEADROM il primo conduttore digitale (?!) della televisione. Il mondo orami sembrava troppo stretto.

 


 

Il personaggio di Max Headroom era apparso per la prima volta nel 1985 come annunciatore in un programma di video musicali sul canale televisivo britannico Channel 4, dal nome The Max Talking Headroom Show. Un uomo molto post-moderno, “generato interamente al computer”, una testa stilizzata all'interno di un televisore, con uno sfondo di linee colorate in rotazione. Il successo fu tale che nacque addirittura la serie fantascientifica Max Headroom trasmessa dal 1987 al 1988, basata sul personaggio ideato da Annabel Jankel e Rocky Morton.  Per tutti fu uno choc e già si immaginava prossima una televisione con solo personaggi digitali.

Peccato che la tecnologia fosse ancora troppo indietro e  l'immagine di Max era ottenuta truccando l'attore Matt Frewer con addosso un abito da sera di fibra di vetro, sovrimpressa a uno sfondo geometrico astratto in movimento.     

 

 



All’inizio del 1988 lo show di Max Headroom fu però cancellato a metà della seconda stagione, ufficialmente per motivi commerciali. Molti però pensano che la cancellazione dipenda da altro: proprio in quel momento, infatti, il personaggio aveva fatto notizia in tutti gli Stati Uniti per motivi più bizzarri. Come l’intrusione nelle trasmissioni di un inserti video di un attore con la maschera di Max che lanciava messaggi inquietanti. Successe un vero casino tanto che dovette intervenire l’FBI per paura di possibili atti di terrorismo. Spuntarono nomi e potenziali colpevoli, ma nessuno lo hai mai saputo con certezza. L’incidente di Max Headroom rimane uno dei misteri mediatici più bizzarri e intriganti di tutti i tempi.

 

Ah, dimenticavo. In un percorso di riscoperta Max è tornato in un video di Eminem nel 2013 nel quale assume le sue fattezze.

 

 

 





EMINEM





domenica 15 novembre 2020

PIETRO GUIDA. IL MAESTRO CHE GUARDA I 100 ANNI.

C’è qualcuno che a 99 anni si è fatto un regalo. Una festa in un castello. A Copertino, Lecce, dove una serie di figure a grandezza naturale danzano, si baciano, parlano, creando una seconda vita parallela, più moderna emozionante di Second Life. La festa l’ha voluta Pietro Guida, un grande maestro italiano, nato quando ancora il cinema era muto, abilissimo nel disegno, commovente nella scultura, dove si vede la lezione avuta da Arturo Martini.



Pietro Guida nasce infatti a S. Maria Capua Vetere (Caserta) nel 1921 ma dagli anni cinquanta vive e lavora a Manduria (TA) dove aveva fatto il servizio militare insieme ad intellettuali come Michele Prisco, Mario Pomilio, o artisti come Enrico Accatino.  Pietro Guida è nato a S. Maria Capua Vetere (Caserta) nel 1921. Consegue il diploma di scultura all'Accademia di Belle Arti di Napoli nel 1947 e aderisce al Gruppo Sud, divenendo uno dei protagonisti del rinnovamento culturale del capoluogo campano, il cui messaggio porterà a la Quadriennale romana.

Dal 1960 al 1975 la produzione di Guida è caratterizzata dall'abbandono del dato naturalistico e dei mezzi tradizionali del fare scultura, per adoperare materiali industriali grezzi, come mattoni, galpomice, tubi eternit, ferro e acciaio secondo i dettami di un impegno civile che in quegli anni impera. 

La produzione in seguito ritornerà al figurativo, con una creatività che prosegue e si rinnova anche in tarda età, come succede solo ai cavalli di razza, con una freschezza e una voglia di sperimentare, eesempio di una vita dedicata all’arte.

 







 

sabato 14 novembre 2020

L’UOMO CHE SAPEVA FERMARE IL TEMPO. Harold Eugene "Doc" Edgerton,

Harold Eugene "Doc" Edgerton, noto anche come “Papa Flash”, era un professore di ingegneria elettrica presso il Massachusetts Institute of Technology. È a lui che viene in gran parte riconosciuto il merito di aver trasformato lo stroboscopio da uno strumento di laboratorio oscuro in un sistema evoluto per catturare immagini, capace di fermare quello che nessun occhio umano era mai riuscito a fare. Un salto in avanti totale su una strada che già aveva aperto con tecnologie puramente manuali un altro pioniere come Eadweard Muybridge (1830 – 1904) un stato un fotografo britannico, il primo a fermre nel 1887 il galoppo di un cavallo.
 


Le sperimentazioni fotografiche di Edgerton cominciano nel 1932, ma nel 1937 inizia un rapporto di lunga durata con il fotografo statunitense di origine albanese Gjon Mili, trasformando una ricerca teorica in qualcosa di molto diverso. I due si servono di apparecchiature stroboscopiche e di particolari tipi di flash elettronici che danno loro modo di produrre fotografie incredibili, prima di allora mai viste. La luce arrivava a lampeggiare fino a 120 volte al secondo, producendo fotografie di grande impatto, che ritraevano momenti impercettibili all’occhio umano. Vengono registrati così su pellicola una serie di movimenti ravvicinati, tradotti in immagini multiple grazie ai lampeggiatori elettronici che scattano più volte al secondo in un ambiente completamente buio. Edgerton, aiutato da Charles Wykoff, sviluppa poi una nuova fotocamera che prende il nome di Rapatronin (RAPid Action elecTRONIC). Questo apparecchio fotografico è capace di esporre le immagini in un tempo di soli 10 nanosecondi, motivo per cui venne utilizzato principalmente per immortalare le reazioni dei primi millisecondi durante le esplosioni dei primi test nucleari.

Il sistema di illuminazione flash ultrarapido (fino a 1/1.000.000 di secondo) gli consentì di catturare quelle che ormai sono diventate delle icone, come gli schizzi prodotti da una goccia di latte (1936) o l’impatto di una pallottola su una mela (1954) la cui tirartura fotografica a 500 esemplari viene oggi trattata intorno ai 30,000 dollari.